Come funziona l’app Immuni ?

Dell’app Immuni si è parlato molto nelle settimane scorse, ma solo da poco si può davvero dire qualcosa di preciso sul sistema tecnologico messo in piedi dal Governo per contrastare la diffusione del Covid-19.

Questo è ciò che ho capito io.

L’app è disponibile gratuitamente negli store di Apple e Google, è scaricabile dal 1 giugno 2020 e viene usata in maniera sperimentale da lunedì 8 giugno nelle regioni Abruzzo, Liguria, Marche e Puglia, in attesa dell’abilitazione in tutto il territorio nazionale dal 15 giugno.

Informazioni ufficiali sull’app realizzata da Bending Spoons si possono reperire sul sito istituzionale https://www.immuni.italia.it/.

L’app è stata sviluppata sulla base di un progetto di Apple e di Google volto a garantire la privacy, che è stata fin dall’inizio un requisito fondamentale, cosa non banale in uno strumento che, per sua natura, deve tenere traccia degli incontri tra le persone.
Per questo motivo non viene usato il GPS, giudicato troppo invasivo, ma il bluetooth LE (low emission), anche se in modo improprio, considerando lo scopo per cui questo è stato pensato.

Il ministero della Salute ha stabilito due parametri che vengono usati per attivare il criterio di possibile rischio di contagio: se lo smartphone è stato vicino a quello di un contagiato per almeno 15 minuti e a meno di due metri.
Quando due smartphone si incontrano non si sa ancora se ciò può rappresentare un evento di contagio. Di conseguenza si è scelto di registrare un codice su ogni smartphone coinvolto.
Se una delle due persone risultasse in seguito positiva al virus, dovrà avvisare l’azienda sanitaria del fatto di avere l’app Immuni, ottenendo così un codice di sblocco. In questa situazione l’app manderà al server di Sogei (Società Generale d’Informatica, azienda italiana che opera nel settore dell’ICT e controllata al 100% dal Ministero dell’economia e delle finanze) le informazioni relative a tutti i contatti registrati.
Immuni esegue ogni giorno una verifica sul server di Sogei e, se risultasse che qualcuno tra le persone con cui ci si è incontrati ha segnalato la propria positività, l’app visualizzerebbe un messaggio che segnala il possibile contatto con il virus, senza indicare con chi, ma solo il giorno in cui è avvenuto, e di rivolgersi al proprio medico.

Evidentemente un punto fondamentale perchè tutto il meccanismo possa essere efficace è la partecipazione attiva delle persone, che -nel caso in cui servisse- devono indicare di avere l’app, che devono usare il codice che attiva la segnalazione, e che deve agire di conseguenza se e quando riceve il messaggio di contatto con qualcuno che è risultato positivo. In quel caso il medico attiva il protocollo e inizia la quarantena.

Ci sono alcuni limiti: innanzitutto la tecnologia, infatti il bluetooth non è stato pensato per segnalare la posizione, ma la presenza di altri apparati bluetooth nelle vicinanze. Si tratta quindi di un uso improprio. Si deve inoltre pensare al fatto che la potenza rilevata del segnale è diversa se le persone si trovano una di fronte all’altra o se sono schiena contro schiena, così come i problemi dati dall’attenuazione del segnale se lo smartphone viene tenuto in mano, in una tasca, in una borsa. Persino vestiti di diversi materiali possono incidere su questo aspetto.

Non tutti gli smartphone sono adatti per l’uso di Immuni: è noto che Huawei, a causa della limitazione sul trasferimento della tecnologia imposto dagli Stati Uniti, non è in grado di usare l’app, anche se negli ultimi giorni il problema è stato risolto con degli aggiornamenti mirati resi disponibili da Google. Il problema riguarda però ancora alcuni modelli, così come non tutti i dispositivi di altre marche sono in grado di funzionare, è infatti richiesta una versione del sistema operativo abbastanza recente. Per dirla in altra maniera: la platea degli utenti si riduce.

Un altro limite è relativo al fatto che lo smartphone deve essere sempre vicino alla persona, altrimenti potrebbe rilevare la presenza di altri telefoni senza che ci sia stato un incontro effettivo con il proprietario. E’ vero anche il contrario: dimenticare lo smartphone in un’altra stanza potrebbe significare mancare di registrare l’incontro con persone con cui si è venuti in contatto. Di fatto si registrano gli incontri tra gli smartphone, non tra le persone.

Ma cosa succede dopo che si è saputo di avere avuto un incontro con qualcuno che è poi risultato positivo ? Si entra in quarantena, ma stante l’attuale situazione, non si sa quando si potrà fare il tampone e quando si avrà il risultato.

Si è parlato molto della percentuale di utenti necessaria perchè il meccanismo risulti efficace. Si è detto il 60 %, poi si è parlato del 15/20 %, per poi indicare che è opportuno che il maggior numero possibile di persone la usi. Al momento risulta essere stata scaricata 2 milioni di volte, circa il 3% della popolazione italiana.

Un altro punto da tenere presente è l’aggiornamento dell’app. Spesso infatti si rendono necessari aggiornamenti del software, a volte critici. Ma quante persone si preoccupano davvero della cosa ? E quanti tra quelli che sono a conoscenza della disponibilità di una nuova versione, la installano ? Di solito poche.

Probabilmente l’elenco delle informazioni potrebbe andare avanti ancora a lungo. Per il momento mi fermo, nel caso aggiungerò qualcosa in futuro.

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